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Arezzo, vaccini: l'ex onorevole Seppia tra gli over 80 attende il suo turno ed esprime dubbi su emergenza e ritardi

Sonia Fardelli
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Vaccini a rilento per gli ultraottantenni ad Arezzo. Poche dosi ogni settimana per i medici di famiglia e una lista di attesa lunghissima. Mauro Seppia, ex parlamentare, presidente dell'allora ente previdenziale Inpdap, sindacalista e parlamentare del Psi per quattro legislature, rientra in questa categoria di persone e come loro è in attesa di ricevere la prima dose di vaccino.
Ottantuno anni da finire il 24 novembre, Seppia si è messo in fila presso il proprio medico curante, senza sapere ancora quando sarà il suo turno.

“Aspetto e sto molto attento - dice - come moltissime altre persone della mia età. Cerco di uscire il meno possibile e di non andare in luoghi a rischio di contagio. Ma questo atteggiamento prudente e responsabile può anche non bastare. In una pandemia come questa non sai mai da che parte ti arriva lo schiaffo e cosa ti può succedere dopo. Ho contattato il mio medico curante e mi sono messo in lista. Ci sono persone più anziane di me, che ancora aspettano ed è giusto che siano vaccinate prima. Io non voglio passare davanti a nessuno, mi vergognerei di farlo”.

Forse il piano delle vaccinazioni doveva essere programmato in altra maniera?

“Sinceramente non approvo tutte le scelte fatte. In Toscana dopo i sanitari, che era giusto vaccinare subito e le stesse forze dell'ordine, sono state inserite tante altre categorie. E tutto questo è andato a svantaggio degli ultraottantenni, che sono comunque persone molto fragili e a rischio. Ci sono passati davanti magistrati ed anche insegnanti e maestri giovanissimi, che adesso fanno la didattica a distanza. Ho sentito in televisione l'intervista ad una docente di 26 anni, che alla domanda: Ma lei è stata vaccinata prima degli ultraottantenni? Ha risposto: ‘Ma tanto quelli muoiono prima’. Se oggi la sensibilità è questa, penso che ci sia poco altro da dire. A mio avviso gli insegnanti andavano vaccinati in base all'età, come tutte le altre categorie della popolazione.”

Cos'altro non le è piaciuto nelle gestione della pandemia ed in particolare dei vaccini?

“A mio avviso in un'emergenza sanitaria di questa portata è sbagliato lasciare l'autonomia delle Regioni. Ognuna si è mossa come ha voluto e ci sono stati disagi e disservizi. Come il fatto clamoroso della Lombardia, dove ci sono vaccini disponibili, ma non si presentano persone per riceverli. Qualcosa non ha funzionato. La popolazione non è stata informata ed avvisata nel modo giusto. Con una gestione complessiva dei vaccini in tutta Italia forse non sarebbe successo.”

E della situazione ad Arezzo cosa ne pensa? Sulla zona rossa e sull'ospedale da campo?

“Ritengo che l'ospedale da campo non abbia alcun senso - conclude Mauro Seppia che adesso è presidente dell'associazione La Fabbrica delle idee per Arezzo - Stiamo parlando di un virus terribile che molte volte necessita di ricovero in terapia intensiva. E la terapia intensiva non è certo uno scherzo e non si allestisce in una tenda. Il sindaco, a mio avviso, farebbe meglio a studiare un progetto per il recupero dell'area del Pionta e per creare qui, in locali e spazi enormi, una cittadella della sanità a due passi dal San Donato. Se vogliamo veramente che l'ospedale aretino cresca ed aumenti di livello, dobbiamo iniziare a progettare. Ormai il Covid ci ha insegnato che possiamo essere sempre in emergenza sanitaria e dobbiamo farci trovare nelle condizioni per affrontarla nel migliore dei modi e con strutture adeguate a disposizione. Al Pionta potrebbe sorgere il famoso hospice, un centro per la formazione permanente dei sanitari e qui dovrebbero essere collocate anche le case di riposo che devono essere sempre vicine all'ospedale ed in contatto con i medici che vi operano.”