
Arezzo, accoltellò geometra del Comune ma non è condannabile: nuova perizia sulle condizioni psichiche dell'operaio

Nuova perizia psichiatrica su Giovanni Polucci Sabbioni, il dipendente comunale di 60 anni che il 29 giugno 2020 ha accoltellato il geometra Mario Mastrantone, negli uffici della Manutenzione di via Tagliamento. Per quel fatto di sangue l’uomo non ha ricevuto alcuna condanna penale per “vizio totale di mente”.
E’ controllato e curato nella Rems di Empoli, struttura prevista dall’ordinamento giudiziario per le persone ritenute non punibili a causa dell’infermità mentale sebbene autori di crimini. Polucci Sabbioni quella mattina agì fuori controllo - ha stabilito il processo - in preda ad uno stato delirante che già in passato si era manifestato in un paio di episodi. Manie di persecuzione e scatti incontrollabili d’ira, dopo periodi anche prolungati di normalità. Il tribunale di Arezzo ha ora affidato al dottor Roberto Biagiotti il riesame della condizione di pericolosità sociale del sessantenne.
E l’11 maggio lo psichiatra dovrà riferire ai giudici in una udienza le sue conclusioni. Nonostante i miglioramenti nelle condizioni dell’uomo, che pare vi siano, è improbabile che possa tornare fuori, anticipando i tempi della misura di sicurezza fissata in due anni. Nel frattempo è diventata definitiva la sentenza che lo riguarda, pronunciata a gennaio dal presidente Giovanni Fruganti con a latere i giudici Ada Grignani e Michele Nisticò, con quest’ultimo estensore delle motivazioni.
Elemento centrale del caso, oltre al vizio totale di mente al momento del fatto, è la derubricazione del reato dal tentato omicidio a quello, meno grave, di lesioni aggravate dolose. Il fatto. Sono le 10.30 quando l’operaio Polucci Sabbioni, pur in ferie, si presenta alla Manutenzione perché vuol controllare il tabulato delle sue presenze. Benché impegnato in altro, il geometra Mastrantone si siede al computer e lo accende. Improvvisamente si sente aggredito alle spalle e vede il coltello alla gola. Si lascia scivolare sulla sedia e si frappone con le mani avvertendo dolore. Cade a terra sanguinante. Ferite al collo e alle mani: un mese di guarigione e stato di ansia, diranno i referti.
E l’aggressore che cosa fa? Gli altri della Manutenzione lo vedono sopra al geometra, lo spostano, lo disarmano, lui non reagisce, resta quieto e se ne va. Poi andrà a costituirsi. Arrestato. E capo d’accusa formulato così dal pm Chiara Pistolesi: tentato omicidio, per aver usato una lama di dodici centimetri, portata da casa, e averla usata al collo del geometra Mastrantone, ferendolo, compiendo un atto idoneo a cagionarne la morte, non avvenuta fortunatamente per non aver leso organi vitali.
Si arriva così davanti al tribunale ma con la consulenza psichiatrica disposta dalla stessa procura (eseguita dagli esperti Massimo Marchi e Roberto Borghesi) che indica come Polucci Sabbioni non è imputabile. E se ne chiede la misura di sicurezza in una Rems per il dovuto trattamento, comprensivo di cure adeguate. Ma nel processo l’avvocato Cinzia Giommoni, che difende Polucci Sabbioni con l’avvocato Maria Giulia Fattori Speranza, ha spinto - con successo - perché il reato venisse riqualificato da tentato omicidio a lesioni. Anche se la scarsa gravità delle ferite non esclude di per sé l’intenzione omicida (la perizia del dottor Nofri ha esaminato la cicatrice di 7,5 cm sul collo, non profonda) è stato ritenuto che la ferita fu prodotta con forza “non particolarmente significativa”.
L’aggressore ebbe anche il tempo e il modo per infierire, era sopra la vittima e a “avrebbe potuto sferrare colpi aggiuntivi”, invece nonostante il “fisico possente” si è lasciato spostare dagli altri due operai dalla “posizione di potenziale dominio sulla vittima”. Lesioni gravi sì, tentato omicidio no. Ad opera di un soggetto, scrivono i giudici, molto pericoloso. Che proprio per il disturbo delirante di cui soffre va curato e non incarcerato.
Lu.Se.