
Arezzo, omicidio stradale: invase corsia opposta e morì ragazza, medico legale: "Colpo di sonno patologico, l'automobilista non va condannato"

E’ accusato di omicidio stradale per la morte di una ragazza di 29 anni ma una perizia a sorpresa mette in discussione l’esito di un processo che sembrava scontato. Lui, 46 anni, al volante di una Nissan Qashqai invase l’altra corsia di marcia e la giovane donna che procedeva nel senso opposto perse la vita per i traumi riportati nell’impatto frontale. Erano le 14.35 del 6 novembre 2019, a Ristradella, zona Il Matto, la stretta parallela alla Regionale 71.
“Negligenza, imprudenza, imperizia e inosservanza delle norme sulla circolazione stradale”: questo contesta la procura di Arezzo a M.C., il conducente dell’auto finita a 70 all’ora, su un tratto con limite a 50, contro la Hyundai Atos della ragazza. Che a sua volta viaggiava sicura sulla sua mezza carreggiata: frenò ma non evitò il peggio. Chiara la dinamica della collisione, ricostruita dalla Polizia Municipale e poi da un perito.
E procedimento incanalato sul più classico dei binari. Ma alla vigilia della sentenza spunta un aspetto inedito, sconosciuto allo stesso imputato fin quando non si è sottoposto a degli accertamenti di medicina legale: è affetto da “Sindrome delle apnee ostruttive del sonno” (Osas). Non avrebbe avuto segni premonitori.
Quel pomeriggio, afferma in un parere pro veritate il medico legale Giuseppe Pasquale Macrì, il 46enne fu colto da un colpo di sonno diretta conseguenza di quella malattia. Un evento improvviso, imprevedibile, incontrollabile. Una malessere, secondo questo parere, che non rende punibile penalmente l’imputato in quanto “incapace di intendere e di volere al momento del fatto”. Secondo Macrì l’Osas è una malattia sottovalutata. Ne soffrirebbe più di un milione di italiani (dal russamento alle apnee) e rappresenta un fattore di rischio.
Il colpo di sonno inatteso e irrefrenabile, quel giorno non sarebbe stato conseguenza di stanchezza o di altra causa, ma una perdita di coscienza patologica che, per la difesa del 46enne, equivale ad un “vizio totale di mente”. Non imputabile per colpa. O almeno da assolvere con formula dubitativa. In ulteriore istanza la difesa farà leva sulle concause: mancato uso della cintura e condotta di guida della ragazza. Ma sarà il giudice Giulia Soldini a decidere nel processo con rito abbreviato se si è trattato di colpo di sonno patologico o colpa da punire. L’udienza di giovedì sarà rimandata di alcuni giorni per consentire al consulente della difesa di spiegare lo studio su M.C., al quale la Commissione medica ha riconosciuto dopo l’incidente una invalidità al 34%.
A difenderlo sono gli avvocati David Scarabicchi e Giulia Brogi. Dopo lo schianto il 46enne disse subito di essersi addormentato, di aver avuto un malore. Non si era distratto. La procura porterà avanti la sua imputazione. I familiari della ragazza non sono parte civile perché risarciti, ma il padre ha dato mandato all’avvocato Francesco Valli perché sulla fine della ragazza, una tragedia enorme che niente potrà ripagare, si arrivi ad un giusto verdetto.