
Arezzo, marito racconta al pm: "Non volevo uccidere mia moglie, scotch usato per tamponare le ferite"

“Non ho usato lo scotch da pacchi per legare mia moglie ma per tamponare il sangue che usciva, non volevo ucciderla: c’è stata una colluttazione e il coltello era sul banco della cucina”. E’ durato tre ore l’interrogatorio in carcere a Giuseppe M., l’uomo di 49 anni, di Bibbiena, in carcere dal 31 maggio scorso con l’accusa di tentato omicidio. Davanti a lui, lunedì, ad ascoltarlo e a porgli domande il pm Marco Dioni (nella foto). L’uomo, a Sollicciano, aveva accanto l’avvocato Anna Lisa Tafi e l’avvocato Federico Mattesini. Il 49enne ha riferito dalla difficile relazione con Teresa, della vita di coppia piuttosto complicata e traballante, con problemi di vario genere e crescenti incomprensioni.
L’operaio, incensurato, ha escluso precedenti situazioni violente da lui commesse o maltrattamenti. Ma quella sera, mentre sorseggiavano birra, sarebbe bastato poco a far degenerare la situazione, con l’uso dell’Opinel dalla lama lunga 7 centimetri, non certo il coltello più offensivo in casa. La difesa spinge per la derubricazione del reato d’impeto in lesioni: la perizia sulle ferite riportate dalla 41enne, al petto e al collo, darà indicazioni oggettive alla procura. Il dottor Dioni a metà giugno, ha raccolto la versione della donna, che riportò ferite da taglio al collo e al petto. Incisioni non profonde, superficiali, che fecero uscire tanto sangue senza compromettere organi vitali. Sarebbe stato colto anche da una crisi di panico, l’uomo, dopo aver colpito la moglie. Chiamò il vicino e i soccorsi.
Attese l’ambulanza e i carabinieri che lo arrestarono. Ha parlato di cerotti applicati alla moglie e di quel nastro che teneva nel marsupio perché lo usa al lavoro. Ha raccontato del corpo a corpo tra i due sfociato nel ferimento. Un gesto grave che non sarebbe stato deliberatamente volto a sopprimere la coniuge e tantomeno studiato in precedenza. Adesso il magistrato farà le sue valutazioni per decidere con quale reato chiedere il giudizio dell’uomo. Che per ora resta in carcere dopo che una prima richiesta di domiciliari è stata respinta.
C’è un prete del Valdarno, don Mauro Frasi, pronto ad accoglierlo nella sua struttura. La difesa prepara l’istanza di attenuazione della misura cautelare. In certi casi le decisioni dell’autorità giudiziaria vanno ben ponderate. Intanto il 49enne avrebbe espresso la sua volontà, netta, di non tornare a Bibbiena dalla moglie.