
Arezzo, guardalinee aggredì giocatore durante partita di calcio: la Cassazione non fa sconti, condanna confermata

Niente sconti al guardalinee condannato per aver picchiato un giocatore. La Cassazione ha confermato la sentenza di colpevolezza e ribadito l’entità della pena - cinque mesi di reclusione (con i benefici di legge) - per un 51enne aretino finito a processo per lesioni.
Calci alla schiena e colpi inferti con la bandierina solitamente usata per indicare la palla in out e gli off-side. Di questo si tratta.
Il turbolento episodio sul campo di gioco di Cesa, nel comune di Marciano della Chiana, risale al lontano ottobre 2012 e in questi giorni la Suprema corte ha chiuso definitivamente la storia con il deposito delle motivazioni. Respinti tutti i motivi di ricorso presentati da A.B., l’assistente dell’arbitro che durante il match amatoriale Atletico Valdichiana - Dante Arezzo, colpì un calciatore - G.M. le iniziali - procurandogli lesioni per trenta giorni. Processato ad Arezzo in primo grado, il guardalinee nel 2014 aveva ricevuto la condanna, con obbligo del risarcimento del danno, poi confermata in appello a Firenze nel 2019. Quindi lo scorso luglio il terzo grado di giudizio a Roma.
L’incontro di calcio con l’episodio incriminato è di quelli in cui a collaborare con l’arbitro vengono chiamati due rappresentanti delle società che si affrontano, uno per lato del rettangolo di gioco. Il guardalinee finito nei guai con la giustizia, 51 anni, in una fase calda dell’incontro, dopo un fallo ai danni di un giocatore della sua squadra, abbandonò il suo ruolo super partes e intervenne in modo aggressivo. Si scagliò contro l’autore di un fallo.
Con i suoi legali, l’assistente di quella partita infuocata, ha affrontato il terzo grado di giudizio portando davanti ai giudici le sue ragioni raccolte in sei motivi. Sosteneva di aver agito in quel modo sopra le righe, per “stato di necessità”, per difendere il giocatore della sua squadra da un avversario e per “legittima difesa” dato che le cose, a suo dire, stavano mettendosi male per lui, con i calciatori avversari minacciosi che lo avevano accerchiato.
Erano contestate dalla difesa del guardalinee anche le effettive conseguenze fisiche riportate dalla parte offesa (una limitazione funzionale articolare) e sollevate questioni giuridiche in merito all’entità della pena inflitta e alla mancata audizione di alcuni testimoni.
Il ricorso è stato giudicato inammissibile dalla quinta sezione della Corte di Cassazione presieduta da Gerardo Sabeone.
I due scenari alternativi proposti dalla difesa sono stati bocciati. L’intervento “necessario” per difendere il calciatore da un nuovo fallo da parte dell’avversario, non trova riscontri nel dibattimento, scrivono i giudici.
E lo stesso, afferma la Cassazione, non trova riscontri il fatto che il guardalinee fosse costretto a difendersi agitando la bandierina. Le prove invece concordano tutte, si legge ancora in sentenza, nella ricostruzione per cui il guardalinee ha colpito il calciatore G.M. subito dopo che aveva commesso fallo sull’altro. La Corte supera poi tutte le altre doglianze proposte dall’imputato, esclude la riapertura del processo in appello e quanto alla entità della pena, ritenuta eccessiva dagli avvocati di A.B, la definisce corretta per “le gravi modalità della condotta” e “la negativa personalità” dell’imputato “anche in considerazione del ruolo di guardalinee ricopriva”.