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Arezzo, bimba di 4 anni uccisa mentre guarda tv e fratello ferito: il padre va in corte d'assise

Luca Serafini
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Depresso dal lockdown e accecato dalla follia, Billal Miah uccise la figlioletta di quattro anni e tentò di ammazzare il figlio maschio più grande, di dodici. Poi l’uomo si gettò nel pozzo e venne arrestato. Era incapace di intendere e volere, ha spiegato ieri il dottor Massimo Marchi, autore della perizia psichiatrica. Ma ora sta meglio ed è in grado di partecipare al processo, ha aggiunto il consulente tecnico d’ufficio nominato dal giudice Giulia Soldini. Così è stato fissato il giudizio davanti alla Corte d’Assise: omicidio e tentato omicidio, aggravati dal rapporto parentale.

Per un delitto del genere si rischia l’ergastolo e il rito abbreviato non è previsto. Data fissata: 29 gennaio. Ma il quarantenne del Bangladesh, è scontato, non riceverà alcuna condanna per l’infermità totale riconosciuta. Sarà sottoposto ad una misura di sicurezza per tutto il periodo in cui risulterà pericoloso per gli altri e per sé. Attualmente si trova rinchiuso in una Rems in Toscana, struttura ben diversa dal carcere e prevista dal nostro ordinamento proprio per le persone che hanno gravi patologie che li hanno portati a delinquere. Billal Miah riceve cure, viene seguito in un percorso di recupero.

Di quel giorno a Levane, il 21 aprile 2020, con il Covid che imperversava, non ricorda assolutamente nulla. Ha rimosso ogni cosa. E sembra proprio che non finga. E’ come se dalla sua memoria siano sparite le agghiaccianti sequenze in cui afferra una lama etnica e infierisce contro la figlioletta che guardava i cartoni animati in tv, nella sua stanza, convinta di essere nel posto più sicuro. Il fratello riuscì a difendersi e a scappare via per le scale. Chiese aiuto ai vicini, ma per la sorellina era ormai tardi. La trovarono in un lago di sangue. Mentre l’uomo si era buttato nel pozzo, nudo.

Lo tirarono fuori i vigili del fuoco e lo arrestarono i carabinieri. Le manette. La cella e poi la residenza sanitaria giudiziaria. Emerse che il quarantenne, dipendente di una azienda della zona ferma per il lockdown, era in forte crisi. Si sentiva insicuro, incapace di provvedere alle necessità economiche della famiglia. Eliminò la piccola perché forse nella sua testa credeva di non poterla crescere. Approfittò di un momento in cui la moglie era fuori. Una tragedia enorme. Poi lo studio della malattia psichiatrica, il riconoscimento della totale incapacità di autodeterminarsi in quei frangenti. Ieri per Billal, assistito dall'avvocato Nicola Detti, il rinvio a giudizio davanti alla corte composta da togati e giudici popolari, presieduta dal giudice Filippo Ruggiero.