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Arezzo, per ex Fontemura ed ex Unoaerre futuro (forse l'unico) con le energie rinnovabili. Piano dell'assessore Sacchetti

Luca Serafini
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Siti da adibire alla produzione di energia da fonti rinnovabili come soluzione, forse l’unica, per recuperare le aree produttive degradate del nostro territorio quali l’ex Fontemura e l’ex Unoaerre. Lo sostiene l’assessore Marco Sacchetti, che nella giunta del sindaco Ghinelli ha le deleghe ad interventi strategici, ambiente, protezione civile, ciclo dei rifiuti, ciclo delle acque. Sacchetti svela al Corriere di Arezzo il suo progetto, ambizioso ma percorribile, nei giorni in cui il rave party con 500 abusivi sull’Alpe di Poti ha riacceso i riflettori sui pezzi di territorio abbandonati e inquinati che esistono qua e là.

Fontemura ed ex Unoaerre non saranno mai riqualificate?

“Anche se fossero messe all’asta ad un prezzo simbolico di un euro, è molto improbabile che si trovino compratori disposti ad investire. Perché a frenare ogni interesse di investimento ci sono gli altissimi costi di bonifica che tali aree comportano. Questo vale sia per l’ex Fontemura, dove c’è una situazione piuttosto pesante di rifiuti abbandonati di varia natura, che in via Fiorentina dove l’inquinamento risiede soprattutto nel sottosuolo. L’impatto economico per il ripristino ambientale è tale da non rendere il più delle volte appetibile l’investimento. Così le aste vanno deserte e il degrado non si ferma”.

Ma il Comune non può fare nulla?

“Siamo disponibili al confronto con eventuali investitori, qualora venissero fuori, anche sugli aspetti urbanistici. Ma temo che non si faccia avanti nessuno. Piuttosto io ho in mente un piano che ho esposto sommariamente al sindaco e che vede il Comune di Arezzo soggetto attivo in operazioni di recupero del nostro territorio. Questo piano potrebbe attuarsi su Unoaerre ma anche, volendo, su Fontemura o su qualsiasi altra area degradata”.

Di cosa si tratta?

“Una riconversione in chiave energetica con produzione da fonti di rinnovabili: il fotovoltaico, appunto ma non solo. Potremmo scendere in campo noi come ente, per acquisire l’area e dare vita ad un soggetto giuridico, una comunità energetica, che realizza per esempio un parco fotovoltaico e poi eroga energia elettrica alle famiglie della nostra comunità che oggi hanno grossi problemi a pagare le bollette. In un certo senso è anche un progetto che ha una valenza sociale in quanto affronta un problema oggi reale: la cosiddetta povertà energetica. Per la fattibilità del progetto è però fondamentale un elemento: che gli enti competenti ci esoneri dalla bonifica del sottosuolo che ha costi improponibili. Nel caso di un parco fotovoltaico, del resto, non andremmo a interagire sul sottosuolo ma solo in superficie, quindi i margini a mio avviso ci sarebbero. Se ci impongono la bonifica, con tutta la buona volontà e con le risorse del Comune, il progetto non sta in piedi”.

E il discorso energie rinnovabili può valere anche per Fontemura?

“Certamente, anche se in questo caso sarà necessario valutare le compatibilità paesaggistiche. Il Comune facendosi parte attiva affronterebbe le riconversioni, ovviamente non per fare business, ma con l’intento di eliminare le attuali condizioni di degrado attraverso un’operazione di recupero ambientale e contribuire con la produzione di energia da fonti rinnovabili a rendere il nostro comune più “green”. E i finanziamenti su tali tematiche a mio avviso si possono intercettare, anche agganciandosi alle misure del Pnrr”.

Solo un’utopia un recupero della ex Fontemura in chiave turistico-ricettiva?

“Possibile ma piuttosto improbabile. Possibile perché l’Alpe di Poti ha delle enormi potenzialità in tale ambito, ma improbabile appunto per gli elevati costi di una imprescindibile bonifica. Guardi, le faccio un esempio proprio di questi giorni: per procedere alla bonifica di un’ex area produttiva in località Spicchio, dove si lavorava del materiale plastico, il Comune ha attivato lo scorso luglio una procedura di esecuzione in danno nei confronti dei proprietari per lo smaltimento di circa 1500 mc di plastica stimando un onere di circa 300 mila euro. La gara che è stata bandita è andata deserta perché i costi di smaltimento attuali sono nel frattempo lievitati. E parliamo di una bonifica su un’area molto limitata. Bene, si immagini i costi alla Fontemura. Comunque, se si palesasse un investitore con una proposta di sviluppo seria, un albergo o qualsiasi altra tipologia di struttura turistico-ricettiva certamente come amministrazione comunale non potremmo esimerci da assecondare per quanto possibile l’iniziativa”.

Sogno o realtà? L’idea dell’assessore Marco Sacchetti merita una riflessione corale da parte di una città che, a singhiozzo, si trova a discutere sulle varie ferite aperte, dalla ex Lebole (che una proprietà ce l’ha ma non parte mai), alla ex Unoaerre alla ex Fontemura, al triangolo delle cave che invece da anni galleggiano o nel limbo di procedure gestite dal tribunale o nella mancata iniziativa dei proprietari. Senza che si vedano all’orizzonte punti di svolta. Per Fontemura il 15 marzo nuova asta (230.400 euro la base, ma si parte da 172.800). Ieri sopralluogo di Comune e curatore fallimentare Tocci, intenzionato a chiedere preventivi per la bonifica. Costo, pare, sotto il milione. Assenti rifiuti speciali: molto vetro e plastica. Per la vecchia Unoaerre bando da rilanciare dopo il recente flop (da 19 milioni si è scesi a 1,8). Situazioni che stancamente si ripetono senza tempo, canterebbe Edoardo Bennato. Degrado infinito. Sacchetti accende una lampadina. Vediamo se farà luce.