
Arezzo, parto con lesioni per mamma Cristina e la figlia: quattro medici indagati

Quattro medici sono indagati per il caso di Cristina Rosi e della piccola Caterina, madre e figlia, entrambe non autosufficienti per le complicanze del parto d’emergenza. Un cesareo avvenuto il 23 luglio 2020 in condizioni estremamente critiche dopo che la donna, al settimo mese di gravidanza, era stata colpita da infarto. Secondo i consulenti nominati dalla Procura di Arezzo, a livello medico sarebbe stato sottovalutato il serio problema cardiaco del quale Cristina soffriva e in virtù del quale il cesareo andava eseguito ben prima. Nel fascicolo aperto dal sostituto procuratore Marco Dioni sono iscritti il ginecologo che ha seguito la donna e tre medici di Careggi che avevano visitato Cristina Rosi per un consulto ginecologico e cardiaco. L’ipotesi (di questo si tratta, tutto va accertato ed essere indagati non significa avere responsabilità) è che nella fase precedente all’infarto, prima che la situazione precipitasse, c’erano gli elementi diagnostici per impostare un percorso ben diverso con cui arrivare ad un parto in sicurezza, operando chirurgicamente. Invece, sempre stando a quanto evidenziato dagli specialisti del pm, la minaccia del problema cardiaco non sarebbe stata sufficientemente inquadrata e affrontata. Tanto che la donna pare fosse convinta di poter partorire in modo naturale, magari in acqua. Le cose sono andate in modo diverso: l’infarto, la corsa in ambulanza all’ospedale San Donato, il parto d’urgenza con i pesanti danni per la donna e la piccola, conseguenti alla mancanza di ossigeno. Ora l’inchiesta della magistratura, a livello ancora preliminare, è volta a stabilire se esistono o no responsabilità mediche in quanto avvenuto, qualificabili come lesioni colpose gravissime. Cristina, 39enne, e Caterina sono impegnate in un percorso complesso teso a rimediare il più possibile ai danni subiti da quella situazione avversa. Dopo la rianimazione Cristina, rimasta in coma fu trasferita nel centro di eccellenza di Innsbruck dove ci fu il risveglio. Il percorso non è facile, scandito dalle terapie. In questa lunghissima riabilitazione, la donna è potuta tornare a casa a maggio scorso ed ha incontrato la figlioletta: un abbraccio che ha commosso tutta Italia. Straordinario, in tutto questo periodo, l’impegno del marito Gabriele Succi, che ha dato vita ad una mobilitazione collettiva per mettere insieme le risorse per sostenere i costi delle cure. Gianna Nannini, di cui Cristina è fan, ha inviato messaggi di grande intensità per darle stimolo e sostegno. Quando Cristina sente le canzoni di Gianna le segue. I problemi neurologici successivi a quel parto in condizioni limite sono lo scoglio quotidiano da affrontare, con pazienza, speranza e affidandosi ai sanitari. Misurarsi con questo problema non è uno scherzo, tra continui trasferimenti nei centri specializzati e il necessario adeguamento degli spazi domestici. Gli appelli di Gabriele hanno prodotto una catena di solidarietà che è servita e serve ancora per centrare i prossimi obiettivi. Mentre va avanti questo ammirevole sforzo del marito, degli amici e dei sanitari, anche la magistratura svolge il suo compito volto ad accertare se ci sono state da parte dei medici “negligenze, omissioni e imperizie” nell’affrontare il percorso di Cristina verso quel momento, il parto, che aspettava con gioia.