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Arezzo, colto da malore e ricoverato il padre omicida che uccise la figlia piccola davanti alla tv

Luca Serafini
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Il padre omicida che aggredì e uccise senza motivo la figlia piccola mentre guardava i cartoni animati in tv, a Levane, è stato colto da malore nella Rems dove è sottoposto alla misura di sicurezza. L’uomo, Billal Miah, assolto il 12 febbraio dalla Corte d’Assise di Arezzo per vizio totale di mente, ora è ricoverato all’ospedale di Empoli. Il problema di salute si è verificato tra il 13 e il 14 agosto: forse si è trattato di un’ischemia, sono in corso tutti gli accertamenti del caso. Le condizioni dell’operaio del Bangladesh vengono monitorate continuamente fin dal giorno del delitto. L’uomo, ritenuto non condannabile perché incapace di intendere e di volere al momento del fatto, è stato giudicato pericoloso e il processo si è concluso senza una pena da scontare ma con l’obbligo di stare nella struttura sanitaria di Empoli, sorvegliato e curato, per non meno di dieci anni. Era il 21 aprile 2020, durante il primo lockdown, quando il quarantenne si trasformò da tranquillo padre di famiglia in carnefice. Senza alcun motivo si avventò sulla bambina di neanche quattro anni con una lama etnica usata per preparare cibi, tentò di ammazzare anche il figlio dodicenne ma il ragazzino riuscì a scappare. La moglie era fuori per la spesa e nell’appartamento di via della Costituzione i soccorritori trovarono una scena terribile. Billal, fuori di sé, si era gettato nel pozzo vicino a casa: i vigili del fuoco lo ripescarono, i carabinieri lo arrestarono. Dapprima il carcere, poi l’ospedale. Si capì subito che soffriva di qualche patologia, manifestata nei giorni precedenti al delitto, con forti mal di testa. Disturbo psicotico, ischemie e uno stato di depressione (“delirio da rovina”) per il timore di non poter mantenere la famiglia emigrata dal Bangladesh arrivata in Valdarno da Palermo. Da questo mix, diagnosticato dopo il delitto, l’innesco di tanta inaudita violenza. L’uomo è stato assistito sotto il profilo legale, fin da subito, dall’avvocato Nicola Detti. Il processo per omicidio e tentato omicidio celebrato davanti ai giudici togati e popolari ha avuto un finale scontato, dopo la perizia del dottor Massimo Marchi che ha sancito in modo inequivocabile come il quarantenne non fosse in grado di determinare le sue azioni. Quindi niente condanna, niente carcere, ma la misura di sicurezza nella struttura che ha sostituito il vecchio manicomio criminale, poi divenuto ospedale psichiatrico giudiziario. Un raptus di follia che il codice penale non sanziona, assicurando disposizioni di tutela, salvaguardia, sicurezza e cura. Al termine del decimo anno in Rems, la procedura prevede comunque che l’uomo sia sottoposto ad una valutazione del tribunale di sorveglianza prima di essere rimesso fuori. Un lungo percorso terapeutico e psicologico che prima di Ferragosto ha registrato il serio problema di salute. La Rems si è subito attivata per il trasferimento nella struttura ospedaliera ed ha comunicato l’accaduto alla Corte d’Assise di Arezzo. L’avvocato Detti si tiene in contatto con medici e residenza. La piccola Nabia cadde sotto i colpi del padre spinto da un allucinante delirio: prima gettò via gli occhiali del figlio, poi afferrò come arma un ferro da stiro e infine il coltello a forma di roncola con cui fece scempio. Di quelle fasi Billal non ha ricordi nitidi. Le difficoltà di quel periodo di stop del lavoro, per la pandemia, secondo gli esperti ebbero un ruolo nello scatenare la follia omicida annidata nella patologia silente di cui soffriva.