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Banca Etruria, gli ex trattano con il liquidatore per risarcimento di due milioni anziché trecento

Luca Serafini
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Due milioni anziché trecento. Potrebbe essere questo, alla fine, il vero prezzo da pagare per la “mala gestio” di Banca Etruria, da parte di coloro che negli ultimi tre cda guidarono l’istituto di credito colato a picco. E’ in pieno svolgimento la trattativa tra gli avvocati che assistono ex vertici, amministratori, e revisori di Bpel ed il liquidatore Giuseppe Santoni.

Obiettivo: chiudere con una transazione la causa davanti al tribunale delle imprese di Roma sulla “azione di responsabilità”. Si tratta di una rivalsa economica per chiedere conto di un operare non corretto e non efficace - cattiva gestione - che avrebbe aggravato la situazione di Etruria fino al dissesto. Un procedimento di natura civile, non penale, che proprio domani nella capitale prevede una nuova udienza. Che invece non ci sarà proprio perché le parti stanno cercando di definire un accordo.

La cifra di due milioni di cui si parla non è casuale: è quella sulla quale si è raggiunta l’intesa per Banca Marche che venne messa in risoluzione nel novembre 2015 con Bpel e altri due istituti di credito. Se la somma per chiudere la controversia sarà quella oppure no, lo sapremo tra un po’. Di certo i milioni sul piatto alla fine saranno molti di meno di quelli richiesti all’inizio - era il marzo 2016 - da Giuseppe Santoni. Il conto, salatissimo, coinvolgeva gli ultimi tre cda di Etruria e ammontava a 300 milioni. In principio fu un invito bonario, per lettera, al quale non seguì alcuna risposta e così si incardinò la causa.

Negli anni il prezzo presentato ad ex vertici, consiglieri e sindaci è andato crescendo per effetto degli interessi fino a perdere il conto. Forse raddoppiato. Numeri virtuali. Tuttavia una spada di damocle non indifferente. Nella lista della trentina di destinatari dell’azione figurano l’ex presidente Giuseppe Fornasari e l’ex direttore generale Luca Bronchi - che giorni fa hanno concordato in appello il patteggiamento per la bancarotta, con pena di 3 anni e 4 mesi, e per i quali l’iter potrebbe ora assumere una forma autonoma.

Ci sono poi nella lista l’ultimo presidente Lorenzo Rosi, gli ex vicepresidenti, Giovanni Inghirami, Giorgio Guerrini, Alfredo Berni e Pierluigi Boschi. Nel folto gruppo, tra gli altri, compaiono i nomi di Laura Del Tongo, Giovanni Grazzini, Alessandro Liberatori, Carlo Polci, Anna Maria Nocentini Lapini. Avvocati aretini impegnati su questo fronte sono Corrado Brilli, Gian Franco Ricci Albergotti, Osvaldo Fratini, Stefano Tenti. Qualora definita la vicenda, il pagamento dovrebbe avvenire in solido, il criterio che dove non arriva a pagare l'uno subentrano gli altri più solventi.

Ciò che Santoni rimprovera agli ex di Etruria è l'erogazione di mutui e finanziamenti anche in conflitto di interessi, il depauperamento del patrimonio con operazioni imprudenti, le iniziative di indebito e illecito ostacolo alla vigilanza di Banca d'Italia, la mancata fusione un partner di elevato standing. Mentre la causa infinita si evolve, arrivano sentenze penali anche contrastanti - clamorosa la raffica di assoluzioni in primo grado per la bancarotta - dove al di là delle condotte dei singoli, è evidente che il mancato salvataggio è da attribuire a scelte politiche nazionali e dell’Europa.