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Arezzo, pene amputato al paziente ma tumore non c'era: l'urologo non sarà processato

Luca Serafini
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L’urologo che ha amputato il pene ad un paziente non affetto da tumore non sarà processato. Il gup Claudio Lara ieri ha deciso il “non luogo a procedere” che chiude il procedimento penale a carico del medico lombardo, G.P., 36 anni. Era stato indagato per lesioni colpose gravissime in merito all’intervento chirurgico demolitivo avvenuto il 13 novembre 2018 all’ospedale San Donato di Arezzo su un uomo della Valtiberina.

La diagnosi non era giusta anche se sul pene si era formato un grosso nodulo: gli esami istologici successivi all’operazione esclusero la presenza di un carcinoma. Le analisi dettero poi la diagnosi corretta di sifilide. Per questo il paziente sottoposto all’amputazione invalidante, classe 1954, aveva presentato querela. Troppo tardi però. Il giudice nell’udienza preliminare celebrata al tribunale di Arezzo ha infatti ritenuto tardiva l’azione giudiziaria promossa nel 2021. Per le lesioni colpose gravissime serve la querela entro tre mesi dal momento del fatto che costituisce reato. Nel caso specifico il paziente, attraverso i suoi legali dello studi Bianchi di Città di Castello - ieri era presente l’avvocato Maria Rosaria Maiulo - ha cercato di motivare la tempistica della querela facendo riferimento al giorno in cui, a seguito di accertamenti specialistici ebbe consapevolezza di quanto gli era capitato. Le motivazioni del gup Lara, tra 30 giorni, spiegheranno. Anche il pm Marco Dioni aveva chiesto il non luogo a procedere per tardività della querela.

“La fine di un incubo”, è l’unica dichiarazione per telefono al <CF1402>Corriere di Arezzo</CF> da parte dell’urologo, difeso in aula dall’avvocato Cristian Caloni in sostituzione di Enrico Marraghini. Il medico ha lasciato Arezzo la scorsa estate per trasferirsi per motivi personali a Milano dove ora lavora. Giorni fa al <CF1402>Corriere </CF>aveva dichiarato di aver curato il paziente nel modo opportuno e in equipe con i colleghi del reparto di urologia di Arezzo, dopo una visita nella quale era emerso con palpazione il vistoso nodulo. Il medico, urologo e andrologo, aveva valutato l’organo del paziente compromesso e sostiene di aver seguito le linee guida, in quanto anche per le forme tumorali benigne vanno è prevista la terapia chirurgica. In questo caso la glandulectomia, con amputazione del terzo distale. Il dottore e il suo difensore erano pronti anche ad affrontare il dibattimento in tribunale in un processo con rito ordinario, non a porte chiuse. 

Sulla vicenda la stessa procura di Arezzo con il pm Laura Taddei (ieri sostituita da Dioni) aveva optato per l’archiviazione ma a fine 2022 il gip Giulia Soldini ha ritenuto il caso meritevole di approfondimento, formulando una imputazione coatta per l’urologo. Il caso, reso noto dal nostro giornale, ha suscitato grande risonanza mediatica anche a livello internazionale. Si è così arrivati all’udienza di ieri terminata con il nulla di fatto. Assenti i protagonisti della storia, l’urologo, che rivendica la correttezza del suo operato e il paziente, che in seguito all’amputazione lamenta problemi che gli inibiscono la vita sessuale e difficoltà nelle funzioni fisiologiche.