
"Ero in casa. Ho sentito gli spari". Testimonianza choc di un aretino a Parigi

“No no, niente nome, l'eroe è lui, io ho avuto solo la fortuna di incrociarLo”. E' l'inizio della testimonianza cruda e commovente di F.M., aretino quarantenne che da molti anni vive a Parigi. Non in una zona qualsiasi. Lui sta a cento metri dalla redazione di Charlie Hebdo e a cinquanta dal punto in cui i terroristi hanno finito il poliziotto ferito che implorava a terra. E Ahmed, questo il nome del poliziotto, F.M. lo aveva incrociato tante volte in quel quartiere. L'ultima appena cinque giorni prima della strage. Una mattina parigina come tante altre. “Il due gennaio - racconta - un venerdì, avevo un appuntamento e sono andato verso il metrò, vicino a Place Voltaire. Li mi hanno rubato il telefono. Sono andato al mio commissariato di quartiere, nell'undicesimo arrondissement, vicino a Bastille. Ahmed, così si chiama, era una faccia conosciuta nel quartiere: Parigi è una capitale strana: si vive la vita di quartiere (in alcuni più che in altri) come in una specie di comunità, un paese all'interno della metropoli”. E in quel “paese metropolitano”, Ahmed era di casa: “Lo vedevo spesso in giro e ti restava impresso - racconta l'aretino, raggiunto dal Corriere di Arezzo - perché sorrideva sempre, spontaneamente, in modo rassicurante. Quando sono andato per denunciare il furto e bloccare il mio telefono, lui stava davanti al commissariato con uno o due colleghi. C'era un po' di fila. Ascoltavo quel che diceva al collega. Ha fatto una battuta e io mi sono messo a ridere. Abbiamo scambiato qualche parola. Mi ha colpito perché rideva con gli occhi (oggi tutti sono finti): il poliziotto che vorresti avere dietro l'angolo. Solido e disponibile”. L'aretino F.M. quel giorno esce dal commissariato. Un ultimo sorriso con Ahmed, magari un possibile arrivederci al giorno dopo. O chissà, perché Ahmed è appena andato via e tu pensi “tanto lo rivedo domani”. Ma domani e poi domani ancora è il 7 gennaio, il giorno della strage. Sono le undici di mattina. “Ero a casa - racconta sempre l'aretino F.M. - e ho sentito come dei colpi, sordi, lontani. Pensavo ai petardi di qualche ritardatario di fine anno. Ma mi ha preso una strana sensazione (11 settembre docet) quindi per scrupolo ho guardato sul canale di news 24/24, sai BFM_TV. Poi su internet. Prima la notizia di due morti a Charlie Hebdo, poi tre e, su su, fino al conto finale. Poi i poliziotti”. E quel video che scorre su YouTube, della morte in diretta. F.M. lo guarda e lo riguarda. Riconosce la via, a due passi da casa sua, ma quello che è peggio è che quell'uomo per terra è Ahmed. “Ad un certo punto su YouTube ho visto il video (guarda video) - racconta F.M. - . Due bastardi vestiti di nero per la strada, a 50 metri da dove abito io. Uno di questi cammina per la strada; torna indietro. Qualcuno era in terra sul marciapiede dietro casa mia, piegato su un lato, ferito evidentemente. Non ci credevo, lì ci passo tutti i giorni. L'assassino si avvicina, l'uomo per terra dice qualcosa. Il mostro inclina il kalachnikov e tira alla testa dell'uomo. Sono gelato di rabbia e di dolore. Non avevo mai visto uccidere qualcuno. Poi le notizie hanno cominciato a circolare, le foto, i nomi dei morti”. E l'aretino scopre che tra quella carneficina c'era anche Ahmed: “Ho riconosciuto in quell'uomo piegato a terra Ahmed: esattamente come lo avevo visto davanti al commissariato in uniforme. Ancora oggi non credo sia reale, non riesco a capire come si possa uccidere qualcuno così, come in quei film idioti al cinema. Ahmed non era mio amico, lo conoscevo appena, ma ho avuto un dolore che non dimenticherò mai. Un senso di impotenza e ingiustizia”. E poi l'aretino racconta la paura. La città blindata, l'omaggio, le matite, le candele e i fiori. Gli stessi che anche F.M. ha portato al commissariato: “Rientrando a casa, la sera dopo, sono andato a fare la spesa. Vicino alla cassa c'erano quei mazzi di fiori mezzi intirizziti. Li ho comprati, tulipani credo, si tulipani. Per la strada mi sentivo un po' coglione, mi vergognavo un po' di aver comprato i fiori: troppo sentimentale, troppo italiano. Sono arrivato davanti al commissariato e mi è salito un groppo alla gola. Centinaia di mazzi di fiori posati davanti all'ingresso. Un'emozione fortissima, tanta gente come me, con lo stesso pensiero, in un silenzio irreale. Un poliziotto, credo resosi conto che ero rimasto lì intirizzito ed emozionato, si è avvicinato e mi ha detto che potevo anche scrivere una parola sul libro che avevano messo lì i colleghi di Ahmed. Ho preso la penna in mano e ho scritto quello che sentivo in quel momento: Merci”. guarda le foto