
Tutti a Castelsecco con Mecenate

Una passeggiata che ha tutta l'aria di un pellegrinaggio: ma prima di mettersi in cammino verso il santuario degli Etruschi a Castelsecco, serve una visita stamattina alle 9 in sagrestia: quella dei reperti del santuario conservati al Museo archeologico intitolato a Gaio Cilnio Mecenate, aretino di famiglia etrusca prima di diventare primo ministro dell'imperatore Ottaviano, insomma il primo premier aretino a Roma. E' difficile escludere che pure lui, prima di andare a Roma, ogni tanto sia salito in cima alla collina di San Cornelio ad onorare i suoi dei, Tinia e Uni, il Giove e la Giunone dei romani, ai quali era dedicato almeno un tempio. Di certo al tempio di Uni, dea giunonica della fertilità e della maternità, c'era la fila delle antiche partorienti aretine che ne invocavano la protezione, a loro e al nascituro, non senza aver lasciato a Uni un piccolo voto: mini statue votive di bambini con fasce, in gran parte ritrovati sulla base del tempio e oggi conservati al Museo Mecenate. Insieme ad un frammento di pietra dell'altro tempio sul quale, per quel poco che si conosce delle scritture etrusche, c'è inciso appunto “Tinia”. Ma, alla fine del pellegrinaggio di stamattina, in cima alla collina etrusca, e durante la visita guidata, ci penseranno le guide ad entrare in tutti i dettagli del santuario. Di certo i pellegrini troveranno una bella accoglienza da parte dell'associazione Castelsecco, i cui soci, guidati dal presidente Mario Bruni, incuranti del sole cocente, hanno fino a ieri steso i tappeti: tagliando l'erba, installando preziosi cartelli indicatori, sradicando con falce e decespugliatore gli sterpi che nascondono la vista della più imponente muraglia etrusca d'Italia. Di certo le mura più imponenti di tutti i tempi aretini, prima che Cosimo de' Medici le sfidasse con la Fortezza, con intenti ben diversi da quelli delle mura ciclopiche che sostengono il santuario di Castelsecco, e che senza l'aiuto di Tinia, gli etruschi aretini mai ce l'avrebbero fatta a realizzare a secco mettendo uno sopra l'altro enormi blocchi di pietra squadrata. Pietra che – a testimoniarlo è Silvia Vilucchi, responsabile per la provincia di Arezzo della soprintendenza archeologica della Toscana- per fortuna dei muratori era cavata in loco. Ma è proprio sull'affaccio al muraglione che Castelsecco conserva ancora il suo tesoro, ben nascosto e protetto sotto uno strato di terra. E' il teatro che non -mancava mai accanto ai santuari etruschi e che – fa sempre testo Silvia Vilucchi- fu progettato e realizzato contestualmente alle mura ciclopiche. E' su quei gradini, oggi coperti-e protetti dalle incursioni notturne – che gli etruschi mettevano in scena le loro rappresentazioni sacre. Ma non è detto che ogni tanto si facessero prendere la mano e si dessero allo spettacolo teatrale di moda a quei tempi, le tragedie greche. Proprio quelle, come la Medea, che in una suggestiva serata di pochi anni fa è andata in scena- davanti alla cavea che tradisce la presenza del teatro, gremita di spettatori. Mario Bruni non nasconde la più grande ambizione dell'Associazione Castelsecco, nata sì per riqualificare e valorizzare un patrimonio storico, paesaggistico e culturale “insieme – dice Silvia Vilucchi – ad una identità smarrita”, nata sì per farlo per gradi, ma con l'obiettivo finale di riportare alla luce il tesoro nascosto. “Il suo recupero – avverte Silvia Vilucchi – rafforzerà il senso della sacralità del luogo: sarà un punto di incontro per una riflessione comune sui valori dell'identità”. Che è anche quella della partorienti aretine con in mano una statua votiva per Uni. Due secoli prima di Cristo. Mica potevano portare una candela alla Madonna.