
Palazzetto del Nuoto, è allarme piscine. Magara: "Alcuni impianti non potranno riaprire. Situazione difficile"

Allarme piscine: il Coronavirus e le conseguenti norme mettono a rischio la futura attività di molti impianti. A lanciare l'sos è la Chimera Nuoto che illustra tutte le difficoltà vissute da un settore che è stato pesantemente colpito dallo stop delle attività e dall'attuale situazione di incertezza che interessa anche gli impianti dove la società svolge la propria attività sportiva: il Palazzetto del Nuoto di Arezzo e la Piscina Comunale di Foiano della Chiana. Il professor Valter Magara, in qualità di amministratore del Centro Sport Chimera che gestisce gli impianti, illustra le condizioni per una possibile ripresa dell'attività agonistica e del nuoto libero. “La situazione è molto seria”, avvia Magara, “Alcuni impianti sicuramente non potranno riaprire e il Palazzetto del Nuoto di Arezzo è stato messo in una condizione di difficoltà economica assurda, nonostante sia uno dei migliori impianti esistenti per caratteristiche tecniche, gestionali e di sicurezza”. Quali possono essere tempi e modalità per la riapertura? “Ad oggi non sono state comunicate procedure, modalità e tempi di una possibile ripresa, dunque nessun gestore può elaborare un piano economico per valutare se i costi della riapertura siano sostenibili. Stanno circolando bozze di documenti inapplicabili da qualsiasi amministratore: una piscina che è stata chiusa mentre era in piena attività si trova costretta a sostenere costi molto alti per la riapertura perché dovrà effettuare di nuovo le manutenzioni, le sanificazioni e le tarature delle numerose apparecchiature elettroniche, oltre a riprogrammare tutti i software”. Un protocollo della Federazione Italiana Nuoto sembra però garantire la ripresa degli allenamenti. “Questa è un'altra delle note dolenti. La Fin si è preoccupata solamente degli atleti di interesse nazionale e internazionale, mentre nulla è stato previsto per tutto il mondo del nuoto. Le gare sono state cancellate: con quale programmazione e con quali finalità si dovrebbero allenare questi atleti? Le scuole nuoto, che sono il cuore di ogni società non potranno più funzionare e, con le proposte fatte dalla stessa Fin, queste vengono ridotte alla metà. I gestori, anche in questo caso, sono stati completamente dimenticati perché le soluzioni ipotizzate mantengono i costi fissi ma dimezzano l'utenza. Una piscina per funzionare deve essere un luogo a disposizione della collettività, non di un singolo atleta: l'attività sportiva da sola è anti-economica e si sostiene solo grazie ai corsi, alle attività di base e alle altre iniziative”. Ma le piscine non sono un luogo igienizzato e sicuro? “Tutti gli impianti, da sempre, sono sottoposti a protocolli rigorosi, a norme e a piani di autocontrollo mirati alla massima sicurezza. E i nostri impianti si sono sempre distinti per livelli di igiene. Emerge una forte contraddizione: le proposte che circolano affermano alcuni principi basilari sulla piscina che viene valutata come un luogo di massima sicurezza ma poi impongono la riduzione dell'utenza”. Può chiarire questo concetto? “Il documento della Fin riporta un interessante estratto da un parere del Centers for Disease Control and Prevention che conferma come l'acqua di balneazione sia considerata un ambiente di grande sicurezza per la presenza di cloro. Le piscine da sempre trattano con protocolli i parametri specifici dell'acqua, dell'aria e degli ambienti. La Fin aggiunge anche che l'evaporazione dell'acqua clorata potrebbe, almeno a breve distanza, limitare il rischio di propagazione di una carica virale. Tutto ciò porta alla ovvia conclusione che i protocolli e le norme già esistenti per la balneazione rappresentino una sicurezza superiore a qualsiasi altra disciplina sportiva”. Il protocollo cosa prevede? “Innanzitutto raddoppia lo spazio a disposizione di ogni bagnante da cinque metri quadrati a dieci, dimezzando la portata di ogni piscina. Un gestore può forse sopportare economicamente una qualsiasi attività con presenze dimezzate? Capiamo che si tratta di una situazione eccezionale, ma la gestione di una piscina richiede migliaia di euro: la chiusura e la riapertura non possono avvenire arbitrariamente come per qualsiasi altri impianto sportivo”. Quali possono essere le soluzioni? “Innanzitutto è necessario mantenere le rigorose norme attuali già ampiamente collaudate perché si tratta di un impianto pubblico e di un bene della collettività. La crisi non deriva da una sbagliata gestione, dunque l'intervento dello Stato, della Regione o del Comune dovrebbe garantire sia la conservazione del bene che la prosecuzione del servizio a costi accessibili per l'utenza. Il gestore, infatti, non può derogare dall'equilibrio economico e finanziario. Non bisogna poi pensare ai singoli atleti, ma al funzionamento delle strutture: si tratta di luoghi che accolgono tante discipline, corsi di nuoto per tutte le età, attività di altre associazioni che hanno anche una finalità didattica ed educativa, tra cui quelle di assistenza ai disabili che frequentavano assiduamente la piscina e che sono state dimenticate. Non bisogna dimenticare, infine, il ruolo sociale e di crescita psicofisica collegato a queste attività: la piscina è anche un luogo di benessere per tutti coloro che non necessariamente vogliono diventare dei campioni ma che sono semplici amanti dell'attività motoria”.